mercoledì 5 maggio 2010

Gioiosa schiettezza, incanto e disincanto

Si fa un grande discutere sull'autenticità dell'arte. Mi riferisco all'espressione di reali contenuti, innati nella natura del creativo, e trasposti in una rappresentazione della vita dei sentimenti.

Un intento che, tra miraggi di facili guadagni, tra le mille distrazioni dell'epoca dei media, trova sempre più raramente il suo compimento.

Se c'è una cosa che può essere distintiva di Giuliano Cotellessa, è il fatto di esere rimasto fuori da tale contesto poco edificante.

Non si è affatto abbagliare dalle sirene del marketing dell'arte, non è andato dietro alla prima moda per seguire la corrente. E' rimasto fedele ai suoi valori, nella pittura come nella vita.

Il suo rifiuto di essere un contemplatore ozioso dell'esistere, prima di tutto come uomo e poi come elemento partecipe di una tendenza culturale rinnovatrice del nostro tempo, ci restiuisce la sua essenza.

Cptellessa è votato all'azione, non alla staticità, alla schiettezza piuttosto che all'asservimento.

150 mostre in tutto il mondo, riconoscimenti espliciti da parte di gente come Morricone o Ginesi, tanto per citarne un paio, testimoniano quanto il suo messaggio abbia fatto breccia.

La cifra artistica: spazi della mente, passione, giocoso scherno verso il banale.


Era la fine degli anni '80 quando le opere di un giovane artista Pescarese iniziarono a circolare nei musei e nelle esposizioni italiane e internazionali. Questo ragazzo dalla corporatura longilinea e dai lineamenti quasi nordeuropei ritraeva figure astratte con colori allegri e accesi. Tali forme si incastravano come pezzi di un mosaico, oppure si legavano in un rapporto più sottile, con sorte di lacci simili all'incontro di persone, sentimenti e ideali. Talvolta l'impatto immediato del colore lasciava il posto ad opere che affrontavano la vita e l'astratto dal punto di vista concettuale, in un bianco e nero eterei che riempivano gli spazi della mente.

Da allora Giuliano Cotellessa ha continuato il suo percorso con coerenza. L'immediatezza dei simboli a volte ricorda Basquiat e si esprime spesso con forme varie e flessuose, aderenti a stati emotivi tenui, distesi. E' il caso di "I colori dell'Africa", un olio su tela del 2007.
Le forme rigide che si ripetono in serie, come in Mecanische Exzentric (1988), aprono invece uno spraglio a riflessioni sulla vita moderna, ma anche sui comportamenti ridondanti che ognuno mette in atto nel teatro della vita: cambiano le stuazioni, gli scenari, i tempi, ma tutto si riconduce al tratto dominante della nostra personalità.

Ennio Morricone ha molto gradito l'ispirazione di diverse opere di Cotellessa ai suoi lavori. Ne ha rinvenuto altresì interpretazioni veritiere di un immaginario e di alcune intuizioni che ne hanno guidato la filmografia.

Diversi critici d'arte, direttori di musei, addetti ai lavori hanno concordemente messo in risalto la capacità di Cotellessa di dire sempre e comunque qualcosa di nuovo, a fronte di quella ripetitività sterile sulla quale sembra esporre, in alcuni suoi quadri, una critica sarcastica e gioiosa.